di Antonino Salvalaggio – Centro Studi CGN
Sono iniziati i controlli per le richieste di contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del decreto legge 34 del 19 maggio 2020 (Decreto Rilancio). Qual è la documentazione richiesta? E quali sono le modalità e le sanzioni previste in caso di irregolarità?
Non sono pochi i contribuenti titolari di partita IVA che in queste ultime settimane hanno ricevuto la richiesta da parte dell’Amministrazione finanziaria di esibire la documentazione fiscale ai fini del controllo di regolarità del contributo a fondo perduto percepito per la perdita di fatturato subita a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Diverse le modalità di svolgimento della verifica fiscale. In alcuni casi, i contribuenti hanno ricevuto una prima richiesta telefonica per fissare un appuntamento in azienda, in altri casi si sono visti recapitare una lettera contenente l’invito a esibire la documentazione richiesta presso l’ufficio preposto al controllo (generalmente il locale comando della Guardia di Finanza o l’ufficio territoriale competente dell’Agenzia delle Entrate).
Quasi tutte le verifiche hanno avuto inizio con la richiesta al contribuente di alcuni documenti fiscali utili al controllo: fatture attive e passive del 2019 e del 2020 con relativi estremi di pagamento, corrispettivi delle vendite e dei servizi (anche telematici), stampa dei registri IVA, qualsiasi altro documento contabile ed extracontabile utile a circoscrivere le prestazioni rese, copia autografa dell’istanza presentata per l’ottenimento del contributo e documento di identità del richiedente.
In merito alle modalità di esibizione delle fatture e degli altri documenti richiesti, diverse sono state le richieste degli organi di controllo: stampa cartacea delle fatture elettroniche e dei registri IVA in alcuni casi, oppure stampa in formato pdf delle fatture elettroniche e di tutti gli altri documenti richiesti, in altri casi.
Quello che è certo però è che i controlli si basano tutti sull’effettiva verifica dei dati di fatturato dichiarati dal contribuente nell’istanza di richiesta del contributo a fondo perduto, con le fatture emesse e i corrispettivi registrati nei registri IVA e i dati delle comunicazioni di liquidazione periodica IVA.
L’obiettivo è quello di prevenire e scoprire i tentativi di frode, secondo il protocollo di intesa siglato in data 8 giugno 2020 tra il Ministero dell’interno, il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle Entrate.
I controlli sono effettuati in attuazione del protocollo d’intesa siglato il 19 novembre 2020 tra l’Agenzia delle Entrate ed il Corpo della Guardia di Finanza volto a regolare la trasmissione, con procedure informatizzate, dei dati e delle informazioni relativi alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per l’ottenimento del contributo nonché le informazioni sui contributi erogati, per le autonome attività di polizia economico-finanziaria.
Ma quali sono le sanzioni in caso di irregolarità?
Se dal controllo emerge che il contributo a fondo perduto sia in tutto o in parte non spettante, viene irrogata la sanzione prevista dall’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471/1997 nella misura minima del 100 per cento e massima del 200 per cento (con esclusione della possibilità di definizione agevolata).
Prevista anche la pena di cui all’articolo 316-ter del Codice penale in materia di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, che prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni e nel caso di contributo erogato di importo inferiore a 4.000 euro, la sanzione amministrativa da 5.164 euro a 25.822 euro, con un massimo di tre volte il contributo indebitamente percepito.
Per il soggetto che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia falsa è prevista la reclusione da due anni a sei anni e, in caso di percezione del contributo, scatta la confisca ai sensi dell’art. 322 ter c.p.p.
A finire sotto la lente della Guardia di Finanza non sono solamente i contributi a fondo perduto ma anche i finanziamenti bancari assistiti da garanzia statale. Recentemente, infatti, il comando generale della Guardia di Finanza ha disposto alcune linee guida da diramare agli uffici preposti alle verifiche sui finanziamenti bancari concessi alle imprese e garantiti dal Sace e da altri fondi garanzia statale.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN