LA RISCOSSIONE COATTIVA
Torna la dilazione per chi ha saltato le vecchie rate del concordato
Nel 2016 gli imprenditori e i professionisti potranno compensare con le cartelle esattoriali i propri crediti non ancora prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della Pubblica amministrazione sulla base di una serie di contratti: si tratta, in particolare, di contratti di somministrazione, appalti, prestazioni professionali e forniture. Per rendere operative le disposizioni sarà necessario un decreto delle Finanze da emanare entro novanta giorni. A prevederlo è il comma 129 della Stabilità. L’attuazione delle recenti edizioni della compensazione cartelle-crediti Pa è stata definita dal Dm 24 settembre 2014, che ha riguardato le cartelle notificate entro la fine di marzo 2014, e dal Dm 13 luglio 2015, che ha esteso la compensazione alle cartelle notificate entro la fine del 2014. Saranno ammesse in compensazione le somme derivanti dalla generalità dei rapporti contrattuali con la Pa: fornitura di beni e servizi, appalti, somministrazioni e anche le prestazioni di carattere professionale.
Riparte la rateazione
Ci sono novità di rilievo anche sotto il profilo dei versamenti degli importi derivanti da somme accertate. I commi 134-138 della manovra prevedono per la prima volta la riammissione al beneficio della dilazione per quei contribuenti (società e persone fisiche) che dal 15 ottobre 2012 al 15 ottobre 2015 sono decaduti da un piano di dilazione concesso dall’ufficio delle Entrate a seguito di acquiescenza oppure accertamento con adesione, a condizione che il pagamento della prima rata scaduta avvenga entro il 31 maggio 2016. In proposito, si ricorda che, una volta accettato l’atto di accertamento (acquiescenza) oppure una volta stipulato l’atto di adesione a seguito di accertamento con adesione con conseguente rideterminazione delle maggiori imposte dovute e sanzioni ridotte, il contribuente può decidere di pagare in rate trimestrali quanto dovuto, senza la necessità di dover presentare alcuna garanzia o fideiussione all’ufficio delle Entrate. In tal caso, l’acquiescenza o l’adesione si perfezionano con il pagamento puntuale della prima rata. Se poi, una delle rate successive alla prima non viene pagata entro il termine previsto per il pagamento della rata stessa (e, dunque, entro il trimestre), il contribuente decade dal beneficio della dilazione con conseguente iscrizione a ruolo delle somme ancora dovute con sanzione (fino al 22 ottobre 2016) del 60% rapportata a quanto ancora dovuto a titolo di tributo. In base alle nuove disposizioni, l’ufficio ricalcolerà le rate e provvederà allo sgravio delle somme iscritte a ruolo, con conseguente blocco dell’avvio di nuove azioni esecutive. Tuttavia, «non sono ripetibili le somme versate, ove superiori all’ammontare dovuto». La decadenza dal nuovo piano di dilazione si verifica a seguito del mancato pagamento di due rate, anche non consecutive. Il nuovo beneficio è comunque circoscritto alle sole imposte dirette e non anche all’Iva, alle imposte di successione, all’imposta di registro e a quelle ipocatastali.
NUOVI FORFETTARI
Spinta al regime forfettario: l’imposta unica scende al 5%
Redditi e ricavi incrementati: si allarga la platea dei beneficiari
Novità in vista per i contribuenti di piccole dimensioni che hanno scelto nel 2015 il regime forfettario introdotto dalla legge 190/14. La legge di Stabilità 2016 (la n. 208/2015) inserisce varie modifiche nella disciplina fiscale di questi soggetti. Inoltre in questo scenario va chiarito quale sia la posizione dei contribuenti che hanno aderito al regime di vantaggio nel 2015, o in anni precedenti.
Le condizioni di accesso
Le novità più rilevanti riguardano i forfettari. Ricordiamo che questi contribuenti adottano il regime agevolato se non superano soglie di ricavi o compensi incassati stabilite in modo differenziato per le singole categorie economiche. La caratteristica più rilevante di questo regime è una determinazione forfettaria del reddito in base a specifici coefficienti di redditività, anche essi differenziati per categorie. Il prelievo fiscale avviene tramite una imposta sostitutiva di Irpef ed Irap, la cui aliquota era fissata per il 2015 al 15 per cento.
I forfettari che hanno adottato il regime nel 2015 iniziando una nuova attività hanno potuto fruire di una ulteriore agevolazione consistente nell’abbattimento del reddito di un terzo (questo regime era previsto per tre anni a partire dal 2015).
L’abbattimento dell’imposta sostitutiva
Proprio su questo punto abbiamo la novità più rilevante apportata dalla legge 208: l’abbattimento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva al 5 per cento. Tale percentuale potrà essere applicata per 5 anni per chi inizia una nuova attività dal 2016 (a prescindere dall’età anagrafica) mentre per chi ha iniziato l’attività nel 2015, a partire dal 2016 si potrà applicare la nuova aliquota del 5% per i 4 anni residui, quindi fino al 2019. Resta ferma la determinazione forfettaria del reddito tramite percentuali di redditività che non sono mutate tra 2015 e 2016.
L’incremento delle soglie
Altra novità significativa per i forfettari è l’innalzamento della soglia di ricavi e compensi incassati al fine di rispettare il requisito di applicazione del regime agevolato. Rispetto agli importi dello scorso anno vi è un incremento di 10 mila euro per tutte le categorie, fatta eccezione per i professionisti, per i quali l’incremento è di 15 mila euro .
Le nuove soglie sono applicabili, a nostro parere, anche nel caso di superamento della vecchia soglia nel 2015, per restare nel regime anche nel 2016: ad esempio, un professionista forfettario che nel 2015 ha incassato 20 mila euro dovrebbe poter applicare il regime anche nel 2016, atteso l’innalzamento della soglia a 30 mila euro.
Un tetto unico per i redditi
Una terza novità è rappresentata dalla abrogazione dell’obbligo di confrontare il reddito da lavoro dipendente ( compreso quello da pensione) con il reddito da lavoro autonomo per attestare che il secondo dei due supera il primo. Questa regola viene abrogata e sostituita con la più semplice regola che impone di non superare un reddito da lavoro dipendente ( o da pensione) di 30mila euro per il forfettario. Il tetto non si applica se il rapporto di lavoro è cessato. Una ulteriore novità per i forfettari consiste nell’abrogazione della regola secondo cui si potevano calcolare i contributi previdenziali per Inps ( artigiani e commercianti) sul reddito effettivo e non sul minimale: ora vi è la possibilità di applicare una riduzione del 35% che compete a tutti i titolari di reddito d’impresa, esclusi i professionisti.
Il regime di vantaggio fino a scadenza
Per i contribuenti che invece hanno scelto il regime di vantaggio (articolo 27 del Dl 98/11) prima dello scorso anno non sorgono particolari problemi: questo regime, con le regole che lo contraddistinguono, sarà applicato fino alla sua naturale scadenza ( 5 anni o fino al compimento del 35° anno di età). Qualche dubbio è invece sorto per coloro che hanno scelto il regime di vantaggio iniziando l’attività nel 2015 , nel senso che taluno ha sostenuto che tale regime possa essere applicato anche negli anni successivi al 2015: al riguardo si è del parere che tali soggetti possano applicare il regime fino a naturale scadenza esattamente come coloro che hanno aderito negli anni precedenti al 2015, e in questo senso depone il fatto che nell’ articolo 10 lett.12-undecies) del Dl 192/2014 è stata prevista la copertura per gli oneri, derivanti dalla proroga del regime dei minimi, per gli anni a venire fino al 2020. Chi inizia quest’anno l’attività non potrà più aderire al regime di vantaggio, ma solo scegliere tra il regime ordinario e quello forfettario applicando le aliquote del 15% o del 5% a seconda che si tratta di una nuova attività ovvero di una prosecuzione di quella svolta prima sotto altro titolo.
IMPORTANTE PER GLI ACCERTAMENTI
Accertamento. Gli effetti della riforma contenuta nel decreto legislativo 158/2015 sugli atti notificati a «cavallo» della fine del 2015
Il «favor rei» ricalcola le sanzioni
Per i provvedimenti non ancora definitivi gli uffici devono rideterminare gli importi
Anche per gli atti sanzionatori emessi prima della fine del 2015 l’amministrazione finanziaria applicherà il favor rei. Per quanto, occorrerà probabilmente un’istanza del contribuente per assicurarsi che siano ricalcolate le sanzioni più favorevoli in linea con la riforma disposta con la delega fiscale e attuata con il decreto legislativo 158/15.
Sembra questa la strada più semplice da percorrere alla luce delle indicazioni fornite dall’agenzia delle Entrate agli uffici con una direttiva interna del 24 dicembre scorso. Questi ultimi dovrebbero agire in autotutela per conformarsi alla nuova griglia delle sanzioni, ma al contribuente converrà comunque verificare con attenzione l’entità delle sanzioni irrogate e intervenire per sollecitarne la revisione anche in considerazione degli istituti attivati per sanare le proprie pendenze con il Fisco.
L’agenzia delle Entrate dunque ribadisce che con il cambiamento delle sanzioni entrato in vigore dal 1° gennaio 2016 andrà salvaguardato il principio del favor rei, per cui al trasgressore va applicata la legge più favorevole «quando la violazione sia stata commessa in vigenza di una norma che stabiliva una sanzione più grave».
Diventa centrale perciò stabilire se al 1° gennaio 2016 i procedimenti sono o meno ancora aperti. Per gli atti emessi dopo il 1° gennaio 2016, considerato che è ancora in corso di aggiornamento la funzionalità per determinare automaticamente il regime sanzionatorio più favorevole al contribuente nel caso concreto, precisa l’Agenzia, «l’ufficio dovrà evidenziare nella motivazione degli atti che la sanzione irrogata è quella più favorevole risultante del confronto effettuato tra le sanzioni ante e post modifica».
Ma l’amministrazione finanziaria è chiamata a procedere in autotutela per applicare il principio del favor rei e rideterminare le sanzioni anche per gli atti emessi prima del 31 dicembre 2015 e per i quali risulti ancora possibile l’impugnazione.
Si reputano ancora “in corso”, in particolare, quei procedimenti per i quali a inizio 2016 sia «ancora pendente il giudizio avanti all’autorità giudiziaria o amministrativa ovvero siano pendenti i termini per la proposizione del ricorso».
Questo perché, come spiega l’Agenzia citando la circolare 180 del 1998, se viene introdotta una sanzione più mite rispetto a quella in vigore al momento della violazione e la sanzione non è stata ancora irrogata va applicata quella meno onerosa per il trasgressore, mentre se la sanzione è stata irrogata con provvedimento divenuto definitivo resta dovuta quella originaria anche se più dura.
La direttiva della Direzione centrale Accertamento dell’agenzia delle Entrate stabilisce che in questa ipotesi «la definitività del provvedimento di irrogazione della sanzione impedisce in ogni caso (sia a regime che per il periodo transitorio) l’applicazione del regime più favorevole, quantunque la sanzione non sia stata ancora pagata».
Invece, nell’ipotesi intermedia, in cui appunto la sanzione è stata irrogata ma il provvedimento non è ancora definitivo, «la sanzione dovrà essere ridotta in conformità alla previsione più favorevole, con diritto alla restituzione di quanto eventualmente già pagato in eccedenza».
In questo ambito, spetterà all’ufficio o all’ente impositore paragonare i risultati che derivano dall’applicazione delle due norme (e quindi tenendo conto anche delle circostanze aggravanti e attenuanti o esimenti eventualmente previste dalla legge) per stabilire se effettivamente, in relazione alla singola violazione, si hanno per il trasgressore conseguenze più favorevoli e provvedere al ricalcolo.
All’utente dovrebbe essere poi fornito un documento in cui sono riportati i dati identificativi dell’avviso di accertamento notificato e il prospetto di rideterminazione delle sanzioni con gli importi ricalcolati sulla base dei nuovi codici di violazione inseriti, nonché un modello di pagamento F24 con l’importo ricalcolato a titolo di sanzione.
– Delega fiscale. La legge di Stabilità ha anticipato l’entrata in vigore del nuovo sistema che rivede le penalità per i contribuenti –
Le nuove regole si applicano anche a contestazioni ante 2016 non ancora definitive
Riforma delle sanzioni amministrative pienamente operativa da domani, 1° gennaio, un anno prima rispetto alla data originariamente prevista nel Dlgs 158/2015.
La legge di Stabilità 2016, la 208/2015, ha eliminato l’entrata in vigore nel 2017 che aveva sollevato molte perplessità soprattutto se collegata all’immediata efficacia delle modifiche apportate con riferimento ai reati tributari previsti dal Dlgs 74/2000.
Dal 2016, pertanto, saranno pienamente operative le nuove sanzioni previste per l’omessa e infedele presentazione della dichiarazione e per l’omesso o tardivo versamento dei tributi. Queste modifiche, comunque, potranno applicarsi non solo per le violazioni commesse dalla data di entrata in vigore delle norme, ma anche per quelle commesse in precedenza per il principio del “favor rei”. Tale estensione, inoltre, troverà applicazione anche per il ravvedimento operoso.
Omessa dichiarazione
La novità più importante introdotta rispetto all’omessa dichiarazione (Irpef/Ires, Irap e Iva) è la possibilità di ridurre la sanzione ordinaria tramite la presentazione del modello dichiarativo entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva. La dichiarazione, infatti, si considera omessa se non è trasmessa entro 90 giorni dalla scadenza del termine. In caso di omissione, la sanzione (rimasta invariata) va dal 120% al 240% dell’imposta dovuta con un minimo di euro 250 (prima 258). Il nuovo articolo 1 del Dlgs 471/1997 ha introdotto, tuttavia, una mitigazione della sanzione applicabile nell’ipotesi in cui il contribuente che si è dimenticato di trasmettere il modello lo faccia dal novantunesimo giorno fino al termine di presentazione della dichiarazione successiva. Ciò a condizione che non sia iniziata alcuna attività accertativa. In questa ipotesi, infatti, la sanzione andrà dal 60% al 120 per cento. La presentazione tardiva non consente comunque di eliminare la violazione commessa in quanto, in base all’articolo 2, comma 7 del Dlgs 322/1998 non modificato, sono valide solo le dichiarazioni presentate tempestivamente con un ritardo massimo di 90 giorni, ma ha il solo scopo di premiare (con l’abbattimento alla metà della sanzione) l’intento collaborativo del contribuente.
Infedele dichiarazione
La riforma riduce la sanzione ordinaria per le violazioni configurabili come infedele dichiarazione con una forbice del 90-180% che, tuttavia, si incrementano dal 135% al 270% nel caso di condotte fraudolente, ma, soprattutto, introduce una notevole riduzione per le “condotte” meno gravi.
Tra queste rientrano il caso di “esigua evasione” (maggiore imposta accertata inferiore al 3% di quella dichiarata e non superiore a 30 mila euro) e di evasione derivante da errori relativi all’applicazione del principio di competenza. In entrambe le ipotesi la sanzione diventa dal 60% al 120 per cento. Inoltre, nel caso in cui l’evasione derivante da inesattezze sull’imputazione temporale di un componente non abbia comportato alcun danno erariale, la sanzione diventa fissa, 250 euro.
Ritardi contenuti
La novità più importante riguarda la riduzione della sanzione base del 30% al 15% per le “lievi tardività”, vale a dire, entro 90 giorni dalla scadenza. Oltre continuerà ad applicarsi la sanzione del 30 cento. Questa riduzione incide anche sui ravvedimenti “sprint” eseguiti entro i primi 15 giorni. In questo caso, infatti, la misura della sanzione deve essere calcolata considerando un quindicesimo della sanzione base (15%) per ogni giorno di ritardo. Quindi, nel calcolare il ravvedimento occorrerà prendere a riferimento tre ipotesi a seconda del momento in cui esso verrà effettuato. La prima, relativa ai primi quindici giorni dalla scadenza, si considererà la soglia del 15% divisa per 15 e moltiplicata per i giorni di ritardo, la seconda (dal 16° al 90° giorno) dove la misura della sanzione è del 15% e, infine, la terza, (dal 91° giorno) con la sanzione al 30 per cento.
Favor rei
In base all’articolo 3, comma 3 del Dlgs 472/1997, le nuove e più favorevoli sanzioni troveranno applicazione anche con riferimento alle violazioni commesse ante 2016 a condizione che il provvedimento di irrogazione delle sanzioni «non sia divenuto definitivo». Sul punto la circolare 180/E/1998 aveva sottolineato che nel caso in cui la sanzione non sia stata ancora irrogata ovvero sia stata applicata con provvedimento non ancora definitivo, opera il principio del favor rei e si deve riconoscere la misura sanzionatoria più lieve. In altri termini, i contribuenti potranno usufruire degli abbattimenti anche in presenza di Pvc, avvisi di accertamento, avvisi di irrogazione di sanzioni non ancora definitivi per i quali si è scelta la strada dell’impugnazione o dell’accertamento con adesione.